Affidamento dei figli: matrimonio o no, vanno tutelati in egual misura

Famiglia

La Legge 10.12.2012 n. 219 ha definitivamente (e finalmente) equiparato lo status dei figli legittimi, ovvero nati all’interno del matrimonio, con quello dei figli naturali, nati, invece, fuori al matrimonio. Grazie a detto intervento legislativo i figli naturali hanno acquisito tutti i diritti e doveri riservati ai figli legittimi, ottenendo le medesime tutele di quest’ultimi. In particolare, l’attuale formulazione dell’art. 38 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, prevede che:

sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile. Per i procedimenti di cui all’articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria. Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile.

Da ciò ne consegue che nelle ipotesi di convivenze tra persone non civilmente coniugate, l’eventuale contenzioso in merito all’affidamento dei figli nati da codesta unione verrà valutato dal Tribunale ordinario ai sensi degli artt. 737 e seg. c.p.c. In seno a detti procedimenti le parti potranno, pertanto, stabilire oltre alle modalità di affido, anche eventuali contributi di mantenimento e/o le modalità di visita del minore da differenziare per ciascun genitore.

Principio di bigenitorialità

Principio ormai consolidato in materia di affido è quello della bigenitorialità, introdotto dalla legge n. 54 del 2006, orientato a garantire l’effettività del diritto dei figli a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, anche in presenza di separazione.

La Suprema Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, Ord., 10 dicembre 2018 n. 31902) ha precisato che il concetto di bigenitorialità non si concretizza in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore, ma richiama semplicemente il diritto di ogni genitore ad essere presente in modo significativo nella vita del figlio, contemperando questo diritto con le complessive esigenze di vita che si pongono nel caso concreto.

Affidamento figli, come funziona

Nello specifico, il giudice deve orientare la sua decisione verso l’interesse morale e materiale esclusivo dei figli minori, in relazione alle capacità dei genitori di crescere ed educare la prole tenendo conto delle ragioni e circostanze che hanno condotto alla disgregazione dell’unione.

Per questo motivo nel nostro ordinamento l’affidamento condiviso rappresenta la regola generale di affido che può essere derogata solo nei casi in cui il comportamento di un genitore sia ritenuto contrario agli interessi del minore.

L’affidamento condiviso prevede che i figli risiedano in modo prevalente presso uno dei genitori e che l’altro abbia il diritto di vederli concordandone le modalità con il genitore collocatario. I genitori devono collaborare e condividere le decisioni di maggiore interesse relative ai figli.

Allorquando, invece, dovesse essere accertata una profonda conflittualità tra i genitori che possa recare pregiudizio ai figli o nel caso in cui uno dei genitori si dimostri particolarmente incapace e inidoneo alla loro cura, crescita ed educazione, viene disposto l’affido esclusivo.

L’affidamento esclusivo può spiegarsi in varie e diverse intensità a seconda dei singoli casi e delle specifiche esigenze.

L’ordinamento italiano è comunque sempre proiettato a far sì che laddove sia possibile il genitore non affidatario continui in ogni caso a frequentare il figlio, seppur con l’assunzione di precise cautele.

La responsabilità genitoriale, inoltre, rimane in capo ad entrambi, anche se le decisioni ordinarie potranno essere assunte solo dal genitore affidatario.

Il genitore non affidatario conserverà, quindi, il proprio diritto di prendere parte alle decisioni più importanti sulla vita dei figli, contribuendo sempre al loro mantenimento.

Ulteriormente, esistono altre tipologie di affidamento, una di queste è quella dell’affido alternato che prevede una convivenza alternata del minore con ciascun genitore per un preciso periodo di tempo, nel corso del quale il genitore convivente assumerà tutte le decisioni ordinarie strettamente necessarie, facendosi carico del mantenimento diretto del figlio.

In alcuni casi, viene altresì previsto un affido paritetico o collocamento invariato ed in tal caso, una volta che sarà fissata la residenza del minore, saranno i genitori ad alternarsi presso la casa familiare, garantendo una continuità dell’ambiente familiare al figlio.

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